I Progetti dei Calabri vagantes

Il museo del costume arbëreshe

Image

Museo del costume Arbëreshe

 

Questo progetto descrive l’esperienza acquisita finora dal Museo del costume Arbëreshe di Vaccarizzo Albanese (Cs) e della Sagra del costume albanese, che ogni anno vede la partecipazione di delegazioni da tutta la Calabria.

 

Esistono in Italia molte minoranze linguistiche ma la più folta è sicuramente l’arbëreshe. gli albanesi d’Italia, con le prime pattuglie arrivate attorno al XV secolo, per sfuggire all’avanzata turco-ottomana in tutti i Balcani, insediandosi specialmente nel nostro Sud, e in maniera più massiccia in Calabria, dove tutt’ora vi abitano circa 100.000 persone.

Ma tutte le comunità minoritarie d’Italia, anche se in modi e a livelli diversi, stanno affrontando la sfida del declino. Gli anziani se ne vanno e si portano via i proverbi, le canzoni, i pezzi di un mondo. A meno che non ci sia qualcuno che, realizzato il valore di ciò che si sta perdendo, incoraggi la collettività alla riscoperta delle proprie radici.

E’ quello che sta facendo il Comune di Vaccarizzo Albanese, piccolo centro collinare ai piedi della Sila Greca, con di fronte la pianura di Sibari ricca di secolari uliveti e dorati aranceti e il mare Jonio, oggi con poco più di mille abitanti, con il suo Museo del Costume arbëreshe, situato nel Palazzo Cumano, uno dei più antichi del paese, istituito dall’Amministrazione Comunale e da Papàs Giuseppe Faraco, nel 1984, a cui e collegata una suggestiva Sagra annuale del costume con delegazioni da moltissimi paesi, faticosamente ma appassionatamente diretto da Silvia Tocci, dove sono custoditi vestiti originali, alcuni con più di 100 anni di vita, provenienti da molti paesi albanesi della Calabria.

Oggi nell’Arberia, quel nucleo formato da un pugno di questi paesini che si affacciano sulla costa jonica così chiamato in omaggio alla madre patria, ci saranno appena 2-3 donne che portano ancora il costume tradizionale. Anche se sta prendendo piede per volontà delle giovani ragazze di sposarsi col costume di gala arbëreshe. Ma vediamo più da vicino queste meraviglie, aiutati dalle precise e dettagliate note che si trovano nel sito del Comune.

 

Il costume

8 slilata costumi ArbereshIl costume custodito di generazione in generazione, rappresenta ancora oggi un forte simbolo d’identità e di appartenenza etnica. Esso è legato allo sviluppo dei tempi, nel senso che non si può non tenere conto dei rapporti intercorsi tra la nostra cultura e quella ufficiale, ciò nonostante il costume arbëreshe, pur differenziandosi per fogge e colori, ha mantenuto intatta la nomenclatura originaria delle aree di provenienza albanese e la composizione di alcuni elementi: il diadema nuziale, il velo, la camicia con merletto, la lunga gonna a fitte pieghe, la cintura. 

Il costume, indossato oggi solo da qualche anziana donna, in passato faceva parte della dote di ogni ragazza che da allora in poi lo avrebbe indossato nelle più importanti circostanze della sua vita. Il vestito di gala si indossava, infatti, il giorno delle nozze con una vestizione che era un vero e proprio rito, e poi in occasione di ricorrenze liete legate all’ambito familiare e sociale o in quelle più importanti del ciclo dell’anno. Il ciclo delle forme tradizionali di abbigliarsi si prolungava poi nel lutto e fino a non molto tempo fa era uso vestire la salma con il proprio vestito nuziale. La sposa in aggiunta alla dote normale riceveva, inoltre, dei costumi da indossare oltre che nei giorni festivi, anche nei giorni feriali. Il costume arbëresh presenta, pertanto, diverse tipologie: il costume di gala, il costume di mezza festa e ancora il costume giornaliero e quello di lutto.

Il materiale utilizzato per realizzare questi costumi era la lana per i contadini, il cotone, il lino e la seta per il ceto più elevato, stoffe spesso prodotte nella chiusa economia domestica cosi come i costumi che con esse venivano confezionati. Dal “700 in poi, le diverse condizioni economiche e sociali permisero agli Arbëreshë d’Italia di affidare la cucitura delle varie fogge a maestri artigiani locali che iniziarono ad arricchire i costumi secondo il grado di ricchezza di chi lo richiedeva, variando la qualità, la fattura e la quantità degli ornamenti. Tutto ciò determinò l’adozione di tessuti più preziosi, laminati in oro, velluto, ecc. che giungevano soprattutto da Napoli, centro di irradiazione culturale per le comunità arbëreshe come per tutto il Mezzogiorno.

 

Costume di gala

9 Museo Costume di galaIl giorno delle nozze la sposa indossava lo splendido costume di gala. La lunga camicia di lino o cotone bianco con collo ornato da preziosi merletti lavorati all’uncinetto o in tulle, aveva una profonda scollatura chiusa da un piccolo copripetto di cotone bianco e ricami a vista. Sulla camicia un corpetto corto, aperto sul davanti in tessuto laminato in oro e dello stesso colore della sopragonna, amaranto. Il corpetto aveva, inoltre, polsi lembi e la parte delle spalle, ornati da preziosi galloni in oro. Particolarmente belle ed elaborate la gonna e la sopragonna a fitte pieghe ottenute con la tecnica del vapore. La prima in raso di seta laminato in oro nelle tonalità del rosso e ampio gallone in oro, la seconda sovrapposta a questa, in seta pura laminata in oro e con gallone in oro di colore solitamente rosa. La sopragonna veniva sollevata sul davanti e fissata dietro, in modo da consentire alla sposa di mostrare anche la gonna. Attorno alla vita la sposa indossava una sottile cintura in fili d’oro o argento con chiusura a rettangolo posta all’altezza del ventre e ricamata con gli stessi motivi ornamentali del diadema nuziale. Questi due elementi erano il simbolo distintivo della donna coniugata.

I capelli venivano raccolti sulla nuca in trecce e annodati con fettucce bianche a cui si univano due piccole trecce laterali tramite un nastro nero in modo da formare un unico chignon sul quale era posto il diadema nuziale.

Il costume era completato da: stola di raso color amaranto bordata da gallone in oro e portata sulle spalle, velo in fili d’oro o in tulle rosso con ricami in oro che ricopriva il volto e il capo della sposa, calze di cotone bianco lavorate ai ferri e scarpe rivestite dello stesso tessuto della sopragonna.  Il vestito di gala era, infine, reso più prezioso dagli ornamenti in oro indossati: la collana d’oro rosso e doppio pendente a fiocco con ciondolo decorato da smalti colorati, all’anulare della mano destra l’anello della fede, sul merletto una spilla, alle orecchie splendidi orecchini con frangia che riprendevano i motivi ornamentali della collana e della spilla.

 

Costume di mezza festa

Il costume di mezza festa, indossato dalla sposa per recarsi in chiesa la domeniche dopo le nozze, per visite di cortesia o in occasione di feste, comprendeva la lunga camicia di lino o cotone bianco con collo ornato da merletto, la gonna a fitte pieghe in raso color amaranto ornata sull’orlo da ampio gallone in oro, oppure se si trattava di occasioni meno importanti, la gonna pieghettata in seta grezza e cotone o in lana pettinata ornata lungo il bordo inferiore da una striscia di tessuto in raso verde. Il corpetto confezionato con panno nero o velluto era ornato alle spalle e ai polsi da larghe fasce di galloni in oro, le maniche erano rifinite da preziosi ricami, sempre in oro, a motivi floreali. Il vestito di mezza festa era, inoltre, completato da un grembiule di seta color azzurro ricamato con fili d’oro, da un fazzoletto da testa di seta giallo o arancione ed infine da uno scialle verde o marrone di lana pregiata e ornato da frange.

 

Costume giornaliero

Sono pochissime oggi le donne anziane che indossano il costume giornaliero, costume semplice all’apparenza sia nella foggia che nei tessuti, ma in realtà, non facile ne da indossare ne da portare. La lunga camicia di lino o cotone bianco è indossata sotto una sorta di gilè in cotone resistente di vari colori con la funzione di sorreggere il seno. La profonda scollatura della camicia è chiusa da un piccolo copripetto in modo da coprire meglio il seno e consentire, un tempo, alcuni movimenti nel corso dei lavori nei campi. Il corpetto in raso, lana o velluto nero e ricamato con filo di seta nero. La gonna indossata è in cotone rosso con il fondo ornato da una balza arricciata. Il capo è coperto da un fazzoletto di cotone o lana legato dietro la nuca, il grembo da un grembiule di cotone.

 

Sagra del costume arbëreshe

Infine, la sagra che si tiene ogni anno (oggi covid permettendo): è un occasione di promozione oltre che di valorizzazione del nostro patrimonio culturale. Nei tre giorni di festa si può assistere a convegni, mostre e sfilate de10 Costume di Pasquai tradizionali costumi provenienti da numerose comunità arbëreshe. Inoltre, in serata esecuzione di balli e canti tradizionali da parte dei gruppi presenti e degustazione di piatti e dolci tipici, come raffigurato in questa ultima bella foro di donna in costume di Pasqua.

Ecco, questo è tutto quello che rimane, e meno male, nella nostra memoria di arbëreshe, ovvero degli albanesi d’Italia, sbarcati attorno la metà del XV secolo. Ma la cosa ancora più grave - mi sottolinea infine con rammarico Silvia Tocci - è che si sta perdendo anche la lingua.

Certo, per molti anni sono stati in vigore finanziamenti statali e regionali a difesa delle minoranze linguistiche con corsi di lingua albanese in alcuni classi delle elementari e medie, ma da oltre dieci anni non esistono più (sic!).